Le sirene risuonarono a lungo, per molti minuti, mentre il cielo si stava oscurando di nubi nere sopra le teste delle persone. Qualcuno cadde in ginocchio sulle macerie, fissando quello spettacolo spaventoso. Ovunque c’erano richiami di aiuto, urla soffocate dalla polvere che ricopriva tutti, sia vivi che morti.
“I vulcani sono esplosi!” aveva urlato qualcuno prima di fuggire via. Poi la terra aveva tremato, lacerando strade e sbriciolando case ed edifici. I cornicioni furono i primi a cadere, uccidendo le persone sui marciapiedi. Le auto danzavano, gli antifurto gemevano, la gente cadeva nelle voragini che si allargavano sulle strade.
Il colonnato di S. Pietro cadde. La basilica collassò su sé stessa.
Roma fu la prima città a venire dilaniata dalla natura.
Diego Vorra si ritrovò all’interno della catastrofe, fu uno degli spettatori inconsapevoli della fine di tutto. Il genere umano sarebbe sopravvissuto?
Un sacerdote uscì dal suo nascondiglio, da sotto un’auto parcheggiata in Via della Conciliazione, e si alzò in piedi a stento. Del sangue gli usciva da una ferita alla testa, alcune lacrime gli rigavano le guance. Cadde in ginocchio, stremato, l’abito sporco di polvere: “Che Dio ci perdoni!” disse alzando gli occhi al cielo. Le nubi nere, le polveri piroclastiche stavano coprendo il sole. L’ombra inghiottì la luce. La cenere cominciò a scendere sulle rovine di Roma, quasi fosse neve.
Diego spostò lo sguardo sul sacerdote, quando la terra tremò di nuovo e si aprì una voragine larga due metri. Vide il prete precipitare negli abissi profondi. Non fece in tempo a salvarlo.
Che cosa stai facendo? Non reagisci? Non ricordi chi sei?
Diego si guardò intorno, senza scorgere nessuno. Si chiese se avesse delle allucinazioni.
“C’è qualcuno?” urlò. I gemiti, le richieste di aiuto non si sentivano più. Si trovava al centro della strada, si voltò osservando l’orizzonte, che adesso era libero perché non esisteva più una costruzione che gli impedisse di vedere.
Roma era stata rasa al suolo.
Si pulì il viso con la manica del giubbotto, si tolse la cenere dalla testa.
* * *
Roma – 21 dicembre 2012 – ore 18:00 circa.
Mi chiamo Diego Vorra e sto scrivendo un diario su cui annotare tutto quello che mi accade. L’umanità non verrà annientata, questo lo so per certo, anche se non posso rivelarvi tutto. Ci sono cose che vorrei rimanessero mie.
Non crederete a tutto quello che scriverò su questi fogli di carta, ma poco importa sapete? L’importante è che lasci un segno del mio passaggio, una sorta di biografia degli ultimi giorni, delle ultime ore che passerò su questa terra.
Credete in Dio? Se la risposta è no, forse, letto quello che ho da dirvi, cambierete idea.
Una volta ero un angelo, poi sono diventato un diavolo, infine di nuovo un angelo. E’ stato un percorso di crescita il mio. In principio ero una creatura ultraterrena, finché mi è stato chiesto di scendere sulla terra, di occupare un corpo e di vivere secondo le vostre regole. Avevo un compito, più di uno per la verità.
Oggi, dopo quello che è successo, mi è stato assegnato un nuovo obiettivo: salvare qualcuno per far sopravvivere il genere umano. E quello lo farò ad ogni costo, che Dio mi sia testimone!
Siamo arrivati sulla terra in quattordici, sette angeli e sette diavoli, ognuno con il suo compito da portare a termine. Il bene e il male, il bianco e il nero. Ma oggi tutto è cambiato, i ruoli sono caduti e i sopravvissuti sono diventati schegge impazzite. Io devo stanarli e cancellarli dalla faccia della terra!
Quando la fine è diventata visibile a tutti, mi sono svegliato e ho capito chi sono. Anzi no! Cosa sono!
Nell’ultima incarnazione sono un agente della Squadra Alpha, che fa parte di un’agenzia non governativa del Vaticano. Non sono un prete, ma solo un uomo che sa affrontare situazioni che gli umani non saprebbero superare. Ah, i miei compagni sono tutti morti durante l’ultimo terremoto che ha devastato la capitale della cristianità. Sono rimasto solo io, ma gli uomini non sono stati cancellati dalla faccia della terra, non ancora, ma il punto di non ritorno è molto vicino. I secondi, i minuti e le ore stanno per scadere.
Le città degli uomini sono diventate tombe piene di polvere e detriti!
Onde gigantesche hanno pulito le coste uccidendo milioni di persone.
Da quando sono sceso sulla terra, ho ucciso molte persone, ho indossato i loro corpi di cellule e carne e ho vissuto l’esperienza più devastante che potessi immaginare. Ho imparato ad amare e odiare, ho pianto e riso e ho passato anni fra la gente. Mi sono adeguato alla legge del più forte, che in certi casi rende la vita più facile.
Vivere non è mai stato facile!
Una volta, mesi fa, incontrai un angelo e un diavolo incarnati. Avevano trovato un equilibrio, si amavano e avevano formato una famiglia. Chissà se avevano dimenticato da dove venivano.
Qualcuno, leggendo queste pagine, potrebbe chiedersi come abbia fatto a riconoscerli. Semplice, ho usato un paio di occhiali dalle lenti speciali, che riescono a vedere il colore dell’aura che circonda ogni essere vivente. La loro aura era azzurra e rossa, gli umani ce l’hanno bianca.
Stavano facendo shopping, si tenevano a braccetto, quando ho estratto un fucile particolare, simile all’acciaio, oppure all’argento. Indossavo i miei occhiali, un soprabito nero e quel fucile particolare: si sono immobilizzati sul marciapiede e non dimenticherò mai il sorriso dell’uomo quando mi ha visto. Si è trasformato in una smorfia di orrore e paura. Ho sparato un colpo al petto dell’angelo, mentre la donna è riuscita a sprofondare nell’asfalto. Beatrix era riuscita solo a rimandare la sua morte, mentre Atipicoz era evaporato come ghiaccio al sole. Terminato come dovevano finire tutti gli angeli mandati sulla terra.
Roma – 22 dicembre 2012 – ore 08:20 circa.
Gli sciacalli stanno rovistando fra cumuli di macerie, gruppi di persone che tentano di sopravvivere nell’inferno salito sulla terra. Li lascio fare, purché non intralcino il mio destino.
La vita sulla terra non sarà più la stessa, in quanto la società è caduta, come è caduto tutto quello che l’uomo ha costruito nei secoli dei secoli. Giustizia divina? Può anche essere, non spetta a me giudicare.
Voglio parlarvi del mio passato, di quello che ho fatto mesi prima che tutto cominciasse.
Ho fatto ricerche lunghe, viaggi estenuanti, fino a giungere nelle città scelte dalle mie vittime, quando ero ancora un servitore dell’oscurità. Ho ucciso Mavelle nella stanza di un albergo.
L’ho svegliata toccandola con la canna del fucile, nel buio della stanza. Ho aspettato che si mettesse seduta sul letto e accendesse l’abatjour, e le ho sorriso sparandole in faccia. Una morte indolore, istantanea.
Una settimana dopo sono andato a trovare Cosimo Bernardo, un altro angelo, e ho atteso che rientrasse in casa. Per quella morte avevo pensato a qualcosa di spettacolare: un cappio fissato alla trave del tetto. Minacciandolo col fucile, l’ho obbligato a salire sulla sedia e mettersi il cappio al collo. Ho spinto la sedia e mi sono divertito a guardare il suo corpo dondolare. Non era morto, un angelo non può morire impiccato, così gli ho sparato un colpo all’addome. L’ho visto dissolversi tra le urla. Ero un diavolo a quei tempi, uno dei più cattivi che avessero calpestato la terra.
Poi è toccato a Nata Libera, mentre faceva sesso con un umano. Quasi mi dispiaceva interrompere i suoi gemiti di piacere. La camera di albergo era di lusso, con tanto di vasca a idromassaggio. Era sera e avevano consumato una cena in camera, del vino rosso e del dessert per finire in bellezza. Ho usato un passepartout di un cameriere per non disturbarli.
Mi sono fermato a fissarli, mi sono seduto su una sedia e ho appoggiato il fucile sulle gambe. La stanza era in penombra, con l’angelo che si muoveva sopra l’umano godendo di ogni piccolo movimento. Ho atteso qualche minuto, finché lei potesse raggiungere l’orgasmo. L’ho afferrata per i capelli e ho fatto fuoco. Sono morti tutti e due, lei si è dissolta nel nulla mentre l’uomo è morto per infarto.
Questi sono alcuni esempi di quello che ho fatto tempo fa, momenti che non dimenticherò mai perché fanno parte del mio passato, un cattivo passato. Togliere di mezzo gli angeli, e chi avrebbe avuto il coraggio di rifiutare una simile proposta? Ne ero entusiasta.
Sapete, quando creature come noi scendono sulla terra, succede qualcosa che le rende speciali. Forse perché ricevono un dono che non avevamo mai ricevuto: vivere nel mondo e rimanere accecati dall’umanità, con tutti i pregi e difetti che comporta. Si entra nel corpo scelto e si vive attimo dopo attimo, senza riuscire a fare progetti a lungo termine. Col tempo, poi, s’impara a fare anche quello.
Si avvicina qualcuno al mio nascondiglio, forse riprenderò a scrivere più tardi.
Roma – 23 dicembre 2012 – ore 22:05 circa.
Sono riuscito a ritagliare un po’ di tempo da dedicare al diario. Ieri dove eravamo rimasti? Ah si, agli angeli. Posso essere sincero? Credo di aver aiutato molto la stirpe dei diavoli togliendo di mezzo parecchi, come dire, nemici. Mi dispiace per questo, ma solo adesso mi accorgo dell’errore che ho fatto tempo fa.
Ho conosciuto un angelo che mi ha aiutato a cambiare. Questo è successo pochi mesi fa, quando dopo ho sentito una voce nella mia testa. Mi ha ricordato quello che ero secoli prima e cosa fossi diventato dopo: un servitore dell’ombra. Un essere votato al male, che vive per esso e si nutre di sentimenti come l’odio, il rancore, l’invidia, la gelosia.
Un giorno ho visto una Luce e l’ho seguita. Ho capito chi fossi in principio e perché avevo scelto di servire il male. Ma poi tutto è degenerato davanti all’orrore. Stavo cominciando a conoscere quell’angelo, quando Beatrix ci ha raggiunti.
Stavamo in una radura sopra a una collina. Era sera e le stelle, la luna, illuminavano tutto con flebili bagliori. Quel diavolo è apparso dall’oscurità della notte, armato di pugnali simili all’argento. Ci ha sorriso: “Diego, Luce è un piacere vedervi!” e ha lanciato il pugnale colpendola al petto. Non ho fatto in tempo a proteggerla che si è dissolta fra le mie braccia.
Mi sono girato a fissarla con odio, che non provavo da chissà quanto tempo, e ho tirato fuori il fucile da sotto il plaid. Lei ha fatto dei passi indietro, cercando di fuggire sotto terra, ma non ha funzionato. Un proiettile l’ha colpita alla testa ed è scomparsa fra le fiamme che la divoravano. Quel diavolo è stato il primo a morire per mano mia.
Così, da quel giorno, ho cominciato a dare la caccia a tutti i compagni di Beatrix. Volevo sterminare tutti i diavoli giunti con me sulla terra. La vendetta stava per riavvicinarmi al potere dell’ombra. Stavo per ripetere lo stesso errore e per smarrire la strada che avevo ripreso a percorrere.
* * *
Diego Vorra si nascose fra le macerie della città, saccheggiando alcune provviste prese in alcuni supermercati, fra quello che ne rimaneva.
Ascoltami bene, disse la voce nella sua testa, cerca i due bambini e conducili all’isola, che si trova sempre nel Lazio. Il cammino è lungo, pieno di insidie e tu devi portarlo a termine!
Diego aveva acceso un falò fra cemento e mattoni, dietro al furgone dell’agenzia per cui aveva lavorato. Teneva le chiavi in tasca, come fossero la cosa più importante che avesse. Gli occhiali dalle lenti speciali, il fucile dal colore argento. Sapeva che quegli oggetti gli sarebbero stati utili finché fosse rimasto in vita.
“Va bene” disse osservando il fuoco, “farò come dici!”.
Si alzò in piedi e si sgrullò i pantaloni della divisa dalla polvere. Quanto gli dispiaceva vedere il mondo in quello stato. Gli si è sgretolato davanti agli occhi e nessuno poteva far niente, se non vivere quegli attimi di pura distruzione.
Aprì il portellone laterale del furgone e si mise seduto. Afferrò il suo diario dalla copertina di cuoio e lo sfogliò leggendo quello che aveva scritto. Parole impresse sulla carta, ricordi di tempi passati, sangue e lacrime, vita.
* * *
Prima di compiere il mio dovere è giusto che vi racconti degli ultimi tempi a cui ho dato la caccia ai diavoli. Ero accecato dall’ira e, davanti ai miei occhi, non vedevo altro che quelle luride creature votate al male.
Un angelo accecato dall’ira è qualcosa che non è mai esistito. Ecco perché avevo deciso di intraprendere la strada della vendetta, estirpare il male assoluto sulla terra e infilarmi in chissà quale buco per vivere da solo tutti i giorni che mi restavano.
Prima di diventare un agente della Squadra Alpha, rintracciai Morfeo, Erinny, Queen e Sabrynna. Ho ucciso questi diavoli a sangue freddo, senza assaporare la loro morte. Non sentivo nulla quando le pallottole speciali sono penetrate nei loro corpi, né quando il fuoco ha divorato le loro essenze. Dovevo solo eliminare quelle presenze. Mi volete condannare per quello che sto raccontando? Fate pure, uomini, fate quello che avete sempre fatto. Giudicate senza conoscere a fondo le dinamiche, le scelte prese anche se dettate da impulsi umani.
Ma ora vi lascio, perché inizia il mio viaggio verso l’Isola.
* * *
Diego richiuse il diario e lo nascose sotto il sedile posteriore. Saltò sui sedili anteriori del furgone e lo accese. Mise le quattro ruote motrici e partì fra la polvere e le macerie di Roma. Riuscì a percorrere tutta Via della Conciliazione, anche se non poteva raggiungere una velocità sostenuta. Non vide anima viva fino al primo ponte sul Tevere, o quello che ne restava.
Abbassò il finestrino e sentì molte voci provenire dall’ansa sul fiume.
Li senti? Fra quelle persone ci sono coloro che devi salvare, disse la voce.
“E come faccio a sapere chi sono?” chiese Diego, gli occhi che fissavano un punto del ponte crollato.
Che domande idiote! Li chiamerai per nome, si volteranno e capirai di chi si tratta.
“E… posso sapere i loro nomi per favore?”.
Adamo e Eva.
“Ma dai! Dici sul serio? E non potevi scegliere due nomi più originali, al passo coi tempi?”.
Ci fu silenzio, la voce non rispose. Andiamo, Diego, non fare del sarcasmo con me! Ho deciso quei nomi e non si discute!
L’uomo emise un sospiro: “Come vuoi, stavo solo scherzando. A me quei nomi vanno benissimo!”.
Ecco, bravo, adesso va meglio.
Diego aprì il cruscotto e afferrò un piccolo telecomando, quello del verricello montato sul paraurti anteriore. Si sarebbe calato fino alla banchina del Tevere, se ce n’era rimasta una.
Afferrò il fucile d’assalto mettendoselo a tracolla: girare disarmati, di questi tempi, era imprudente.
* * *
Anagni – 25 dicembre 2012 – ore 15:45 circa.
Finalmente i ragazzi dormono sui sedili posteriori del furgone.
Ah, scusate, non potete saperne nulla di Adamo ed Eva, i piccoli che ho dovuto strappare alle persone che volevano portarseli via. Il piano era questo: trovarli e condurli in un luogo sicuro, che conosco soltanto io e forse un’altra persona. Ma a quello ci arriverò a tempo debito.
Comunque sono sceso sulla riva del fiume e ho affrontato due losche figure. Come avevo fatto a non capirlo subito? Per fortuna che mi ero portato dietro gli occhiali e il fucile speciale.
Carroll e la Signora occupavano quel piroscafo semi affondato, convinte che i due ragazzi non li avrebbe presi nessuno. Oh, come avevano torto povere diavole.
Mi hanno visto scendere con il verricello, puntare il fucile a distanza e fare fuoco. Lo sapevate che ho una mira impeccabile? Ecco perché, quando ero entrato a far parte dell’agenzia, mi avevano dato in mano un fucile di precisione.
A conti fatti, su questa terra martoriata, siamo rimasti solo in due: Dave e Diego. Mi dispiace toglierlo di mezzo, ma devo farlo per finire quello che ho cominciato. Schegge impazzite, ricordate? Schegge impazzite!
Dave è convinto di essere la mano sinistra di Dio, ma lui non sa che è diventato una cosa pericolosa e io sono la cura.
* * *
Qualcuno bussò al vetro del furgone, Diego quasi ci rimase secco. Vide una faccia familiare, un sorriso cordiale.
“Ti sei fermato sui miei campi da tennis! Ti decidi a togliere quel cazzo di mostro a quattro ruote, oppure ci penso io a forza di calci nel culo?”.
Diego si girò verso Adamo ed Eva: “Potete mettere le vostre mani sulle orecchie? E aspettate dentro il furgone, mi raccomando!”. I ragazzi eseguirono senza fare commenti, però volevano vedere cosa sarebbe successo.
“Va bene, testa di cazzo!” mormorò Diego.
Aprì lo sportello con violenza e Dave si ritrovò a terra, a faccia in giù.
“Scusa tanto se ho calpestato questi…” fissò quello che rimaneva di un circolo sportivo. Non c’era più nulla che assomigliasse a dei campi sportivi.
Diego lo fissò per un attimo, mentre Dave si rimetteva in piedi. Non pensava di trovarlo ancora lì, in mezzo alla distruzione totale. Che fosse un segno del destino?
Diego fece due passi indietro per afferrare il fucile argentato, controllò i colpi in canna e puntò l’arma verso l’uomo. “Siamo fratelli, ma devo finire quello che ho cominciato!”.
Dave alzò le mani in segno di resa, indietreggiò inciampando sulla rete di un campo da tennis, adesso sembrava più uno straccio gettato in terra.
“Ma tu non puoi essere…”.
Diego fece un segno affermativo con la testa: “Lo sono invece. I miei peccati sono stati perdonati e ora sono un angelo come te.”.
“Avevo sentito dire che i diavoli erano stati uccisi tutti, persino la Signora e Carroll!”.
“E chi sarà stato? La buona fatina del cazzo?”. Diego fece segno di indietreggiare e lui lo fece.
Giunsero ai margini di una piscina semi distrutta e Dave inciampò cadendoci dentro. Finì nell’acqua che ne ricopriva solo una parte e annaspò finché un colpo lo raggiunse alla testa. Il suo corpo si dissolse come neve al sole.
Diego gettò il fucile nell’acqua e tornò dai ragazzi. Attese due ore, finché giunsero quattro persone che circondarono il furgone.
Blossom bussò alla portiera, al suo fianco c’erano Siu, Regole e Madame Pit.
“Consegnaci i ragazzi e tu sarai libero di andare.” disse la donna in tono cordiale.
La voce confermò quello che gli era stato detto, così, a Diego, non rimase altro che guardarli andare via. I ragazzi tenevano per mano le quattro persone che li stavano portando verso l’Isola.