Markus si avvicinò alla Macchina del Tempo, di fianco si era ritrovato Eveleen e rimasero a fissare quel piccolo cilindro. Non osavano toccarlo perché sembrava così fragile, anche se era composto da materiale resistente: mai vista una cosa tanto curiosa.
Lo scienziato si spostò in fondo alla stanza per armeggiare con una telecamera montata su un treppiedi. “Dobbiamo rendere tutto ufficiale, sapete…”, inquadrò il congegno e avviò la registrazione, “…adesso possiamo cominciare!”. In lontananza udirono Polar Star che abbaiava, ma presto non ci fecero più caso, appena entrati nell’atmosfera dell’esperimento…
Henry prese un normale pezzo di carta e lo mostrò alla telecamera: “Massima trasparenza e tutto in diretta.”, si mise a scrivere un messaggio.
Qual’è la ricerca che più ha entusiasmato Henry Port?
“Se tutto dovesse andare come previsto, dovremmo ritrovare un foglio analogo nel cilindro, con la risposta esatta e scritta da me dal futuro”. Si girò a guardare Markus e la ragazza, esitò ma poi si fece più convinto: “Soltanto io conosco la risposta!”. Disse quell’ultima frase come per farsi coraggio.
Mise il foglio all’interno del cilindro e chiuse il coperchio, si pressurizzò e tutti udirono dei sibili. Henry Port si chinò per schiacciare un tasto, il dito fermo a mezz’aria prima di premerlo, poi tutto si mise in movimento con armonia apparente. Qualcosa entrò nelle Camere Stagnanti, un’energia che Markus ed Eveleen non avevano mai visto. Una luce abbagliante fluì dai contenitori ed entrò nel cilindro attraverso dei tubi.
Rimasero in silenzio, fermi, immobili, senza neanche respirare. E il foglio scomparve fra quella strana luce. Il rumore del motore quasi copriva Polar Star, che continuava ad abbaiare a chissà cosa.
E un foglio di carta ricomparve nel cilindro, nello stesso modo in cui se ne era andato.
“Qualcosa è andato storto?” chiese Eveleen, gli occhi che scrutavano il nuovo oggetto. Markus sembrava trattenere ancora il respiro, come se avesse paura di rovinare un momento storico per l’intera umanità.
“Non direi” disse lo scienziato, “credo sia filato tutto liscio.”. Attese qualche istante prima di aprire il cilindro. Il motore si fermò, come se un meccanismo di sicurezza fosse entrato in funzione, e tutta l’energia, che aveva ricreato quell’oggetto, si dissolse lentamente.
Afferrò il pezzo di carta avvolto su sé stesso, lo srotolò diligentemente mostrandolo alla telecamera e lesse ad alta voce: “Ciao Henry, la risposta è la seguente: Padre Pellegrino Ernetti – Il Cronovisore”.
Henry si girò verso la telecamera, trattenendo a stento un’aria di incredulità ed infinita soddisfazione, mostrando le parole che aveva letto.
Ma il messaggio continuava.
Ti scrivo dall’anno 2012, proprio da questo laboratorio, ma ho poco tempo e poco posso dirti riguardo al futuro. Tu sai che non posso rivelarti troppo a causa del Paradosso ma sappi che nostra nipote sta bene, è in buone mani e devi fidarti della Sigma.
* * *
Il maggiore si mise in ginocchio e tirò fuori il cannocchiale da una tasca laterale del giubbotto. Per alcuni istanti fece scorrere la visuale su ciò che avevano davanti, quindi fece un gesto con il braccio e tutti si mossero con circospezione verso le aree di competenza. Attese che le due squadre si mettessero a copertura dell’intera area, quindi gli incursori iniziarono la perlustrazione.
“Nessuno deve rimanere senza appoggio!” si raccomandò prima di procedere.
Penetrarono le fronde e i cespugli strisciando sul terreno sabbioso, finché furono davanti a un grande edificio.
“Squadra Alpha! Siamo in posizione e non c’è QRM!” udì il maggiore attraverso gli auricolari, “Visuale libera e procediamo!”. La prima squadra si mosse in avanscoperta fino al muro della struttura: schiena alla parete, controllarono che non ci fosse nessuno da entrambi i lati. La seconda squadra si appostò davanti l’edificio e coprì i movimenti della prima.
Fecero irruzione occupando la prima stanza. “Libero!” urlò il primo uomo con il fucile spianato, ma si ritrovò a terra senza saperne il motivo.
Polar Star agguantò la manica della divisa del soldato, finché si ritrovò immobilizzata da più mani, a terra e senza la possibilità di reagire. Il maggiore Brian Cold estrasse una pistola e la puntò sul cane. Una freccia rossa penetrò nel corpo del labrador, finché smise di agitarsi, di ringhiare verso i suoi aggressori.
“Signore! C’è una botola aperta, il resto della struttura è libera. Ci apprestiamo a scendere!” sentì Brian nei suoi auricolari. Si guardò intorno accorgendosi che la Prima Squadra aveva già coperto il suo ruolo, che minacce sembravano non esserci, così prese la decisione: “Affermativo, Squadra Alpha! Scendete e perlustrate. Fermate tutti gli occupanti della struttura!”. Gli auricolari gracchiarono subito dopo aver udito che procedevano.
* * *
Tutti e tre rimasero in silenzio, dopo che Henry finì di leggere il messaggio ad alta voce.
Markus sembrò voler parlare, ma forse stava cercando le parole adatte: “Allora viene dal futuro, tre anni per l’esattezza.”. Henry annuì con un gesto, poi tornò con lo sguardo sul foglio giunto attraverso il congegno. Rilesse tutto a mente e gli occhi s’inumidirono.
“Mia nipote è salva.” disse quasi cercando di rilassarsi. Si avviò verso la telecamera per fermare la registrazione, ma qualcuno attirò la sua attenzione.
Cinque uomini fecero ingresso nel laboratorio, non sembravano aver brutte intenzioni ma erano armati con mitra e, sul volto, indossavano delle maschere. Due di loro si erano messi alla porta, altri due ispezionavano lo strano macchinario, l’ultimo si fermò davanti allo scienziato.
“E’ lei Henry Port, lo scienziato che si è ritirato dal Cern?”.
“Si! Sono io. E voi chi dovreste essere?”.
Il soldato, prima di rispondergli, parlò attraverso il microfono posizionato vicino alla bocca: “Maggiore, abbiamo lo scienziato!”, si voltò verso i due estranei, scrutandoli e proseguì “Con lui ci sono due soggetti, un maschio e una femmina. Attendo istruzioni, passo!”.
“Portateli tutti e tre in superficie e pensate ad imballare l’attrezzatura. Leviamo le tende!”. Infine si rivolse a loro: “Avete sentito il maggiore? Vi chiediamo di collaborare con le buone. Non fatemi alcuna domanda, non posso rispondervi!”.
Salirono al piano superiore, anche se Henry era preoccupato per la sua scoperta, o che quei soldati le facessero qualche danno, furono ricevuti dal maggiore.
“Mi dispiace per il trattamento un po’ rude, ma tutti e tre dovrete seguirci.”. Il maggiore portò le mani dietro la schiena e fissò prima lo scienziato. “Mi chiamo Maggiore Brian Cold, capo unità Sigma” osservò poi Markus, infine Eveleen.
“A cosa devo l’onore…” lo scienziato esitò per un attimo, “…di conoscerla?”.
L’uomo non se la prese per il tono sarcastico dell’interlocutore, riusciva persino a capirli. “Siete in pericolo, tutti e tre! Perciò, prima ce ne andiamo, prima potremo dire che tutto si sia risolto senza incidenti”.
“In pericolo?” chiese lo scienziato, “Quì a Dale?”. Henry Port non trattenne una risata.
“Ho detto qualcosa di divertente?”, il maggiore si rivolse a Markus e a Eveleen: “Se avete la minima persuasione sul vostro amico, vi chiedo di attuarla subito prima che succeda l’irreparabile. Voi non avete la minima idea di chi ci sia dietro a tutto questo.”. L’uomo scrutò le loro espressioni perplesse: doveva dissipare ogni dubbio senza scendere troppo nei particolari.
“L’unità Sigma è venuta per salvarvi.” si rivolse infine allo scienziato: “Sappiamo dove si trova sua nipote e, solo questo posso dirle, è sana e salva e in ottime mani.”.
La prima unità si presentò a rapporto, un soldato si era presentato formalmente: “Maggiore, l’attrezzatura è imballata e pronta al trasporto. Faccio pulire l’intera zona?”.
“Procedete!” rispose prima di congedare il soldato, ma prima che il graduato uscisse, aggiunse: “Ah, sergente, controllate il perimetro dell’isola: non voglio spiacevoli sorprese e ci vedremo al punto di raccolta stabilito!”.
Appena il sergente uscì dalla stanza, il maggiore attese che l’attenzione tornasse su di lui. “C’era un cane all’interno di questo edificio”. Markus si preoccupò, aveva sentito Polar abbaiare per molto tempo, finché non l’aveva sentita più. Stava per replicare al maggiore, ma l’ufficiale non gli diede il tempo, “Non l’abbiamo soppressa, se questo stava per passare nella vostra testa, ma è solo addormentata, sedata. Aveva attaccato uno dei miei uomini.”.
In lontananza si udivano un paio di elicotteri in avvicinamento, il tempo di abbandonare il Faro di Green Dale si stava avvicinando, così uscirono tutti alla luce del sole. La prima squadra si era già diretta alla battigia, sarebbero rientrati con lo stesso mezzo con cui erano giunti, mentre l’unità del maggiore doveva caricare tutto il materiale e gli ospiti. La destinazione, per il momento, era ignota.