
Roberto Cavia sorrise: “Sei tu l’investigatore e sai già come muoverti per dei controlli. A cosa ti serviamo noi?”
“Una fonte attendibile mi ha messo al corrente che questa sera ci saranno parecchi problemi in piazza.”
“Beh, a me e ai ragazzi piacciono i problemi. Siamo qui per risolverli.”
“Ecco perché ho pensato a voi.”
Roberto non disse nulla. La richiesta gli sembrò strana, diversa dalle altre volte, come se avesse usato un canale differente. Di solito gli gettava sul piatto ogni piccolo dettaglio, pagamenti per il servizio, quale scopo avesse l’intervento della sua squadra. Tutto e subito, prendere o lasciare. Questa volta, invece, non gli aveva detto nulla, a parte qualche frase per incuriosirlo.
“Sai come lavoriamo noi. Devo sapere tutto, anche il più piccolo dettaglio.”
Stefano gli sorrise: “Informazioni di prima mano, giusto?”
“Giusto. Solo così posso muovermi con l’intera squadra.”
Stefano fece un sospiro profondo, poi disse: “Questa sera moriranno due persone. Non chiedermi come faccio a saperlo. Per questa faccenda ci penserò io, non è quello che mi preoccupa.”
“Moriranno due persone?”
Stefano si alzò dalla sedia, Roberto non gli tolse gli occhi di dosso.
“Mi serve un controllo capillare del perimetro di Piazza Risorgimento, soprattutto la parte oltre l’edicola. Tutto quello che succede dall’altra parte delle transenne che hanno messo.”
Roberto strizzò gli occhi, come se non avesse capito la sua richiesta. “Quali transenne?”
“Una parte della piazza è stata transennata. Nessuno può passare. A controllare i varchi ci hanno messo un servizio di controllo straniero. Sono uomini armati.”
“Non aggiungere altro.” disse Roberto, “Vorrei conoscere la tua fonte. E quelli che moriranno? Che legame c’è tra i due eventi?”
“Lascia perdere.” disse Stefano, “Fa come se non ti avessi chiesto nulla.” Fece per andarsene ma si girò per avvertirlo: “Se questa sera esci, mettiti un impermeabile. Se userai un ombrello, lo butterai dopo due minuti. Ci sarà un temporale bello tosto, grandine, acqua e fulmini.” E aprì la porta per uscire.
“Ma se al meteo hanno detto che non cadrà una sola fottuta goccia d’acqua!” urlò Roberto per farsi sentire.
Roberto Cavia rimase solo e l’incontro con Stefano lo aveva interdetto. Erano ottimi conoscenti e non lo aveva mai visto così evasivo. Avevano condiviso molti lavori insieme (a lui piaceva chiamarle collaborazioni), e mai gli era capitata una cosa del genere. Due realtà come le loro potevano convivere e prosperare nel campo degli affari.
Intanto gli rimase in mente la frase sulle due persone che avrebbero perso la vita. Come diavolo faceva a sapere di due persone morte? Quindi si sarebbe potuto trattare di omicidio, pensò rovesciando le due sedie e appoggiandole sul tavolo.
La porta del locale si aprì ed entrarono tre persone.
“Disturbiamo?” chiese David Chang insieme a Filippo Doni e Rebecca De Vito.
Ora, la squadra di Roberto era al completo. Mesi prima erano tutti appartenuti alle Forze Armate italiane e, una volta congedati, avevano deciso di aprire un’attività che non avrebbe insospettito nessuno. L’idea era continuare a lavorare nel ramo più congeniale: scorte, controlli di sicurezza ed eventuali missioni all’estero. Avevano un curriculum professionale di tutto rispetto e si erano abituati a lavorare insieme, sempre. Per qualsiasi incarico procedevano con lo studio del territorio in cui avrebbero interagito, avrebbero calcolato ogni possibile variante e poi procedevano al piano A, B o C. In caso fosse accaduto un imprevisto, dovevano procedere con l’intuito e l’istinto per terminare la missione a qualsiasi costo.
“Abbiamo visto uscire Stefano.” disse Rebecca, “Che cosa gli hai detto?”
Roberto se ne stava in piedi di fronte a loro, le mani lungo i fianchi: “Niente. Era venuto a chiederci supporto per questa sera.”
“Un po’ poco come preavviso, non trovate?” s’intromise Filippo.