Ghost Car (Seconda parte)

   “In quel caso, sempre attraverso il satellite, bloccheremmo il congegno montato in quella auto. Non siamo sprovveduti, abbiamo pensato a tutto, anche a farlo off-line, quando il mezzo viene parcheggiato e nessuno ne sta facendo uso.”

   Adesso mi trovo fuori dall’officina, con le chiavi in mano, e osservo alcuni adesivi che hanno messo sugli sportelli e sul cofano. La scritta è nera e dice: Autovettura sperimentale dotata del dispositivo Ghost Car.

   Apro lo sportello con cautela e osservo il cruscotto. I meccanici mi hanno spiegato dove hanno montato il tasto di avvio del dispositivo. Mi affaccio all’interno con prudenza e lo vedo subito, proprio a sinistra dell’accendi sigari. Un pulsante rosso acceso spicca sul nero della plastica di cui sono fatti gli interni della macchina. In pratica un cazzotto nell’occhio.

   “Quando lo premerò, non succederà assolutamente nulla” mi sono detto a voce bassa, quindi sono salito in auto, chiudendo la portiera.

   Mi sono addentrato nel traffico di Roma, tornando verso casa. A ogni semaforo rosso, davo un’occhiata a quel bottone, ma avevo un po’ di paura a premerlo. Mi sono tornate in mente quelle regole del messaggio, quindi ho deciso di fermarmi a un benzinaio per preparare tutto l’occorrente.

   Ho montato sul paraurti la mia GOPRO nera, ho fissato una SONY HD sul pannello del portabagagli e ho bloccato sul cruscotto il cellulare, pronto a filmare.

   Male che vada, faccio qualche video al traffico di Roma, ho pensato. Quindi ho avviato le tre registrazioni e sono salito. Motore acceso e auto ferma. Schiaccio il pulsante rosso e mi sento emozionato.

   Avverto delle strane vibrazioni e vedo alcune persone che si fermano a guardare, qualcuno prende in mano il telefono. Ho i finestrini alzati e non riesco a sentire quello che si dicono.

   Sul display dell’autoradio appare una scritta che non avevo mai visto: Attendere prego. Dispositivo in attivazione. La scritta scorreva da sinistra verso destra. Procedere con prudenza. Buon viaggio da Ghost Car Solution.

   Metto la prima e tolgo la frizione. Intanto, sul piazzale del benzinaio, si è radunata una piccola folla di curiosi che osserva la mia macchina. Che diavolo ha che non va?

   Mentre mi immetto sulla strada, vedo un riflesso strano sulle vetrine di un bar e non mi accorgo della fila di auto davanti a me. Non avviene nessun urto. Con stupore, passo attraverso la prima macchina e sento un leggero formicolio a braccia e gambe. Per un attimo mi è sembrato di sentire delle voci, forse di quelli che ho appena attraversato.

   In pochi minuti ho raggiunto il semaforo, passando dentro a una decina di macchine ferme. Alcuni suonavano, qualcuno aveva aperto lo sportello ed era sceso, incredulo.

   A dire la verità, non riuscivo a crederci nemmeno io.

   Ho proseguito a viaggiare sulla corsia di destra, senza frenare, mentre mi avvicinavo all’ennesima auto e la superavo passandoci attraverso. Stavo guidando un’auto fantasma.

   Sul display ora appare un’altra scritta: Prestare attenzione, mancano due minuti al termine del funzionamento assicurato del congegno. Esaurito il tempo, fermare il veicolo e premere di nuovo il tasto per disattivarlo. Grazie per la vostra fiducia.

   Decido di fermarmi, così accosto e metto le quattro frecce. Premo il bottone e quelle strane vibrazioni cessano immediatamente.

   Qualcuno si ferma dietro e mi lampeggia. Io lo ignoro e cerco di ripartire appena il traffico me lo consente.

   Ora sono a casa e con me ho tutte le videocamere che ho usato poco fa. Sono curioso di vedere ogni singolo fotogramma, così riverso le memorie su PC. Ho trenta minuti di video da esaminare.

   L’auto è parcheggiata in garage e non corre rischi.

   Controllo i filmati e non riesco a credere ai miei occhi. La videocamera montata sul paraurti anteriore ha ripreso ogni istante in cui la macchina passava dentro le altre, senza causare il minimo danno. Adesso mi sento elettrizzato per questa inedita esperienza.     

Ghost Car (prima parte)

Siete stanchi di passare ore e ore in mezzo al traffico cittadino?

Siete in ritardo a un importante appuntamento di lavoro, oppure con la vostra dolce metà?

Avete difficoltà a parcheggiare la vostra auto?

Affidatevi al nuovo brevetto della Ghost Car Solution, e non patirete più le interminabili code cittadine.

Stiamo sviluppando un avveniristico congegno che eviterà incidenti mortali, o con feriti, o semplici fastidiosi sinistri. E tutto questo con un semplice click dall’abitacolo della vostra auto.

   Pochi giorni fa mi era arrivato un SMS particolare, strano, non quei messaggi sgradevolissimi dichiaratamente SPAM. Il testo diceva:

Vuoi diventare collaudatore per il futuro dei mezzi di trasporto? Vuoi testare in prima persona l’assoluta novità che rivoluzionerà il traffico in tutto il mondo? Tu ci metterai la tua auto, noi il nostro congegno appena brevettato. A patto che, quando testerai la Ghost Car, ti munirai di telecamere esterne e interne, per registrare in diretta ciò che avverrà intorno a te. Sarà un’esperienza che ti toglierà il respiro. Ah, la durata massima del funzionamento garantito, per ora, è di dieci minuti assicurati.

Ci sono alcune regole da seguire:

1) Prima di avviare il congegno, ricordati di fermare l’auto. È tassativamente obbligatorio per assicurarsi che il meccanismo di trasformazione non crei danni a terzi.

2) Quando riterrai opportuno usare il dispositivo, ricorda di non invadere la corsia opposta: tu conosci le funzionalità del prodotto, gli altri no. Potresti provocare incidenti, oppure panico fra gli automobilisti. La sicurezza stradale va sempre rispettata.

3) Allaccia sempre le cinture di sicurezza e non usare il telefono mentre sei alla guida.

4) Se hai bevuto alcolici, non metterti alla guida, anche se hai a disposizione il nostro dispositivo.

5) Non oltrepassare i limiti di velocità, guida responsabilmente e rispetta il codice della strada attualmente in vigore.

Rispondi con un SI a questo messaggio e ti ricontatteremo per fissare l’appuntamento.

   Beh, dopo aver letto questo invito, sono rimasto incuriosito. Prima di accettare, avevo fatto qualche ricerca in rete, per capire se fosse stata una sorta di truffa. Sembrava di no. Hanno anche un sito. Quindi gli ho inviato il mio SI. Pochi minuti dopo ho ricevuto una telefonata e mi hanno fissato l’appuntamento.

   Mi sono recato in auto nella loro officina. Mi hanno chiesto di lasciarla per almeno un’ora, mentre mi avrebbero illustrato cosa avrei dovuto fare.

   La segretaria, molto cordiale, mi ha fatto firmare alcuni fogli: si trattava di una modifica sperimentale all’auto e che, in caso fosse successo qualcosa, la responsabilità sarebbe ricaduta sul sottoscritto. In cambio mi avrebbero lasciato il congegno e, con l’esperienza, avrei imparato a gestirlo nel migliore dei modi.

   “Quando premerò quel pulsante, cosa succederà effettivamente?” le ho chiesto. Assolutamente niente. Mi sono risposto.

   Io ero seduto sulla sedia, i fogli sparsi sulla scrivania con la mia firma ben leggibile. Lei mi ha sorriso rispondendo: “In parole povere, la sua macchina diventerà un fantasma, uno spettro, mi creda.”

   Si lallero, mi sono detto.

   Poi aggiunse: “Il suo dispositivo è collegato a un nostro satellite, che controllerà quello che succede. In caso di problematiche, l’avviseremo tempestivamente.”

   Annuisco in silenzio, però una domanda mi esce per pura curiosità: “Ammettiamo che sia tutto vero, non avete pensato all’uso che ne potrebbe fare qualche malintenzionato?”

   “Una banda di rapinatori in fuga intende?”

   “Già, proprio loro.”

Dreamworld 2 – Quarta parte

  

Roberto Cavia sorrise: “Sei tu l’investigatore e sai già come muoverti per dei controlli. A cosa ti serviamo noi?”

   “Una fonte attendibile mi ha messo al corrente che questa sera ci saranno parecchi problemi in piazza.”

   “Beh, a me e ai ragazzi piacciono i problemi. Siamo qui per risolverli.”

   “Ecco perché ho pensato a voi.”

   Roberto non disse nulla. La richiesta gli sembrò strana, diversa dalle altre volte, come se avesse usato un canale differente. Di solito gli gettava sul piatto ogni piccolo dettaglio, pagamenti per il servizio, quale scopo avesse l’intervento della sua squadra. Tutto e subito, prendere o lasciare. Questa volta, invece, non gli aveva detto nulla, a parte qualche frase per incuriosirlo.

   “Sai come lavoriamo noi. Devo sapere tutto, anche il più piccolo dettaglio.”

   Stefano gli sorrise: “Informazioni di prima mano, giusto?”

   “Giusto. Solo così posso muovermi con l’intera squadra.”

   Stefano fece un sospiro profondo, poi disse: “Questa sera moriranno due persone. Non chiedermi come faccio a saperlo. Per questa faccenda ci penserò io, non è quello che mi preoccupa.”

   “Moriranno due persone?”

   Stefano si alzò dalla sedia, Roberto non gli tolse gli occhi di dosso.

   “Mi serve un controllo capillare del perimetro di Piazza Risorgimento, soprattutto la parte oltre l’edicola. Tutto quello che succede dall’altra parte delle transenne che hanno messo.”

   Roberto strizzò gli occhi, come se non avesse capito la sua richiesta. “Quali transenne?”

   “Una parte della piazza è stata transennata. Nessuno può passare. A controllare i varchi ci hanno messo un servizio di controllo straniero. Sono uomini armati.”

   “Non aggiungere altro.” disse Roberto, “Vorrei conoscere la tua fonte. E quelli che moriranno? Che legame c’è tra i due eventi?”

   “Lascia perdere.” disse Stefano, “Fa come se non ti avessi chiesto nulla.” Fece per andarsene ma si girò per avvertirlo: “Se questa sera esci, mettiti un impermeabile. Se userai un ombrello, lo butterai dopo due minuti. Ci sarà un temporale bello tosto, grandine, acqua e fulmini.” E aprì la porta per uscire.

  “Ma se al meteo hanno detto che non cadrà una sola fottuta goccia d’acqua!” urlò Roberto per farsi sentire.

   Roberto Cavia rimase solo e l’incontro con Stefano lo aveva interdetto. Erano ottimi conoscenti e non lo aveva mai visto così evasivo. Avevano condiviso molti lavori insieme (a lui piaceva chiamarle collaborazioni), e mai gli era capitata una cosa del genere. Due realtà come le loro potevano convivere e prosperare nel campo degli affari.

  Intanto gli rimase in mente la frase sulle due persone che avrebbero perso la vita. Come diavolo faceva a sapere di due persone morte? Quindi si sarebbe potuto trattare di omicidio, pensò rovesciando le due sedie e appoggiandole sul tavolo.

   La porta del locale si aprì ed entrarono tre persone.

   “Disturbiamo?” chiese David Chang insieme a Filippo Doni e Rebecca De Vito.

   Ora, la squadra di Roberto era al completo. Mesi prima erano tutti appartenuti alle Forze Armate italiane e, una volta congedati, avevano deciso di aprire un’attività che non avrebbe insospettito nessuno. L’idea era continuare a lavorare nel ramo più congeniale: scorte, controlli di sicurezza ed eventuali missioni all’estero. Avevano un curriculum professionale di tutto rispetto e si erano abituati a lavorare insieme, sempre. Per qualsiasi incarico procedevano con lo studio del territorio in cui avrebbero interagito, avrebbero calcolato ogni possibile variante e poi procedevano al piano A, B o C. In caso fosse accaduto un imprevisto, dovevano procedere con l’intuito e l’istinto per terminare la missione a qualsiasi costo.

   “Abbiamo visto uscire Stefano.” disse Rebecca, “Che cosa gli hai detto?”

  Roberto se ne stava in piedi di fronte a loro, le mani lungo i fianchi: “Niente. Era venuto a chiederci supporto per questa sera.”

   “Un po’ poco come preavviso, non trovate?” s’intromise Filippo.

Cosa leggere di Stephen King [Terza parte]

Breve premessa.

È molto che non aggiorno il blog ma non ho mai pensato di smettere, come non ho mai pensato di smettere di scrivere. Quindi scusate la mia lunga assenza. Anche le mie pagine social sono rimaste ferme, congelate per quasi due anni. Per chi fosse interessato, lentamente, sto riorganizzando le idee per riprendere anche a scrivere racconti e romanzi. Prossimamente pubblicherò un racconto inedito, forse a puntate, dal titolo Azovstal. Sappiamo tutti cosa sta accadendo in Ucraina e a Mariupol. Azovstal è un luogo di particolare interesse. Azovstal è un complesso di fabbricati in cui risiede una delle più grandi acciaierie d’Europa. Ha un’importanza strategica.

Tornando al racconto, prenderò in prestito quattro personaggi di Dreamworld – Sean Balducci (il seguito di Io, Katy e Lupo) e li trasporterò fra le lamiere contorte di quell’acciaieria. Fine della premessa.

Il post di oggi sarà incentrato su Stephen King e su quali romanzi possano essere letti dai nuovi potenziali lettori.

22-11-63

Autore Stephen King

Genere Fantascienza

Pagine 768

Trama:

Il 22 novembre 1963 tre spari risuonarono a Dallas, il presidente Kennedy morì e il mondo non fu più lo stesso. Se fosse possibile cambiare il corso della Storia, tu lo faresti? È quello che si domanda Jake Epping, tranquillo professore di Lisbon Falls, Maine, quando scopre che la tavola calda del suo amico Al nasconde un segreto. La dispensa è in realtà un passaggio temporale e conduce al 1958. Per Jake è una rivelazione sconvolgente, eppure l’incredulità non gli impedisce di tornare ai favolosi anni Sessanta e cominciare una nuova esistenza nel mondo di Elvis Presley e James Dean, del twist e delle automobili interminabili. Un mondo in cui Jake si lascerà coinvolgere in una missione straordinaria: fermare Oswald e salvare Kennedy. Sovvertendo per sempre tutte le regole del tempo. E della Storia.

Alla fine del libro potrete leggere una postfazione molto interessante. Intanto va detto che questa storia ha atteso decenni prima di essere terminata. E questo lo capisco, è giusto, anche per la mole di documentazione che c’è stata dietro. King ci racconterà con quante persone ha interagito, durante la stesura del romanzo.
È scritto in prima persona e il personaggio principale è un professore di letteratura. Jake Epping ha un solo vero amico, che gestisce una tavola calda. Al, questo è il nome del suo amico, un giorno gli rivela un segreto: nella dispensa del locale c’è un passaggio temporale. Chiunque lo varchi, si ritroverà nel 1958.
Al gli racconta questa storia perché ha i giorni contati a causa di una malattia. Al vuole che il professor Epping attraversi quel cunicolo, segua il suo piano dettagliatamente studiato, e salvi la vita al presidente Kennedy, nel 1963.
Il romanzo ha una trama che ti tiene incollato alle pagine. Jake Epping vivrà un’esperienza indimenticabile e la farà vivere anche a noi lettori.
Il romanzo è complesso anche per le sottotrame, visto che il professore sarà costretto a “vivere” una nuova vita nel passato. Conoscerà persone e custodirà diversi segreti. Per cinque lunghi anni dovrà capire tutto di Oswald, finché non arriverà il giorno dell’attentato.

Il mondo perfetto [Seconda Parte]

Una settimana dopo, all’esterno di Andromeda.

Ramon rimase fermo, decidendo di abbassare la sua arma ML47 per non indispettire quelle quattro figure. Sapeva che lo avevano visto e aveva capito che lo stavano solo osservando, al momento non sembravano ostili.

Fu sconcertato vedendole avvicinarsi oltrepassando il canneto, non immaginava che simili creature potessero sopravvivere nel mondo esterno. I dettagli erano…

Alzò il braccio sinistro ed aprì una tastiera ergonomica applicata al polso, lo schermo da pochi pollici si accese e il cursore lampeggiò in attesa di un input. Nella Banca Dati del computer principale esisteva una mole infinita di dati, immagini, files: a lui non rimaneva che cercare per capire cosa fossero.

Non ti faremo del male!

Una voce entrò di prepotenza nella sua mente, anche se non era molto ricettivo in quel momento. Gli sembrò femminile e tranquillizzante. Con l’altra mano digitò: Entità Biologiche e la ricerca cominciò scandagliando files e immagini.

“Chi siete?”, la voce gli era uscita nitida e forte, nonostante portasse la maschera facciale completa, due filtri gli permettevano di respirare aria pulita per circa otto ore.

Ci hanno sempre chiamati i Grigi e noi ci siamo adattati a questo nome.

Un’immagine comparve classificando quella razza come Entità Biologiche denominate Grigi Alsaziani. Ramon osservò gli occhi neri di forma ovale, il naso piccolo e la pelle che si avvicinava al grigio chiaro. Indossavano tute blu aderenti, che rendevano la corporatura piccola e appariscente. Le mani di quegli esseri erano composte da sei dita lunghe ed esili. La testa calva era porosa e più grande rispetto al corpo, ma l’espressione dei visi era buona e trasmetteva dolcezza. La piccola bocca con labbra esili quasi non si notava, anche perché non la usavano per comunicare con lui.

Ai piedi, anch’essi muniti di sei dita, non portavano nulla. A Ramon apparvero troppo lunghi per la corporatura che avevano, non riusciva neanche a distinguere il sesso delle quattro figure, essendo molto simili fra loro.

Non andare verso la città, ma tieniti a debita distanza.

Quella frase fu l’ultima che sentì penetrare nella sua mente, che giungeva senza alcun preavviso. Vide le quattro creature rientrare nel canneto, sentendo appena i passi nella fanghiglia della palude. Rimase alcuni minuti in ascolto, mentre, nella sua testa confusa, un turbinio di domande si facevano strada, domande a cui non era sicuro di poter dare delle risposte.

Ramon avviò la funzionalità Termo Immagine, controllando che nelle vicinanze non vi fossero altre sorprese. Il visore notturno controllava ogni centimetro della sua visuale, se la temperatura fosse mutata, un suono acuto lo avrebbe avvisato e, una scala di colori accesi, gli avrebbe mostrato la fonte.

S’incamminò imbracciando l’arma che gli aveva sempre dato sicurezza.

Era un paesaggio strano quello che stava attraversando, una foschia spettrale stava salendo dalla superficie della terra, lentamente, sospinta da una leggera brezza. La scarsa luce notturna la rendeva quasi iridescente. Ramon non udiva alcun suono, a parte i suoi passi su ciò che, una volta, poteva essere catalogato come un bosco in rovina.

Gli alberi, in quella zona, sembravano morti. I rami spogli si levavano al cielo come tante braccia che cercavano di attirare l’attenzione. L’oscurità avvolgeva il mondo esterno con il suo mantello privo di colori e luci.

Il computer al polso dell’uomo emise dei segnali acuti, che richiamarono l’attenzione di Ramon: l’attrezzatura di rilevamento segnalava una nuova fonte di luce. Essa proveniva da Nord-Est. Una bussola elettronica gli indicò dove girarsi.

Il visore di Termo Immagine lampeggiò, un mirino elettronico analizzò ciò che aveva davanti, inquadrando e rendendo l’immagine alla portata del soldato.

Ramon rimase fermo, un po’ era spaventato, ma la curiosità ebbe il sopravvento su quello strano spettacolo: uno spicchio luminoso stava nascendo dalla terra, sul display lampeggiava una sola parola: Moon.

Il candore dell’astro fu subito aggressivo perché lui non aveva mai visto una luce del genere. Era viva, e sembrava pulsare di vita propria rifrangendosi su tutto ciò che lo circondava; avanzava all’orizzonte, che non aveva più ostacoli come un tempo.

“Nasconditi!”

Ramon rimase fermo, ma il sangue gli si era gelato in un istante. Fece un lungo respiro e attivò il suo ML 47: un lungo suono lo aveva avvisato che il mirino laser era operativo.

La sua mente aveva memorizzato tutto intorno a sé, persino possibili posti in cui potevano nascondersi delle minacce. Sapeva dove si trovava chi o cosa aveva pronunciato quella parola.

“Stanno per arrivare gli Slorm!”

Il mondo perfetto [Prima parte]

Un uomo dai capelli bianchi stava attraversando il quartiere Scientifico di Andromeda, la città sotterranea. Erano anni che studiava un modo per ripulire la terra, o ciò che ne era rimasto, per sperare, un giorno, di tornare ad abitarla. Quanto gli mancava, nessuno era in grado di dirlo.

Tutto era cambiato da quando era stata fondata Andromeda, persino il modo di muoversi da una via all’altra, attraverso mezzi all’avanguardia.

L’uomo scese dall’auto, una macchina dall’aspetto aerodinamico con sportelli ad ali di gabbiano. Pochi istanti e si richiuse emettendo uno sbuffo: le luci si spegnevano a comando vocale, grazie ad una sofisticata centralina.

Il dottor Maximilian Droe si era fermato sotto l’ampio ingresso del palazzo, una grande tettoia che proteggeva l’entrata dell’edificio. Prima di spingersi oltre, si era fermato a osservare le grandi scritte dell’azienda: P. O. A. (Program Ologram Active).

Sorrise, perché si trattava di una copertura per quello che stavano tentando di creare.

Si aggiustò l’abito, come sempre aveva fatto, e proseguì verso la vetrata. Alcuni robot si muovevano all’interno dell’edificio, il rumore dei cingoli quasi non si sentiva dall’esterno. Erano esseri piccoli, a cui non ci si faceva caso, ma possedevano armi micidiali se attaccavano gli intrusi.

Era tutto cambiato nel giro di cinquanta anni, le società scientifiche avevano investito milioni di dollari per fondare la città più complessa che il genere umano avesse mai visto e che avesse mai abitato.

Il robot 451 girò all’improvviso convergendo verso l’ingresso, i suoi sensori avevano captato qualcosa nelle vicinanze. Un puntatore laser aveva agganciato una possibile minaccia, così lo teneva sotto tiro. Un congegno di lettura, nel frattempo, stava misurando dei valori, il tutto in pochi istanti, in un battito di ciglia. La risposta giunse al robot, l’ordine era di non fare fuoco.

Il dottor Droe non era a conoscenza di quello che era appena successo, si stava solo avvicinando al lettore posto di fianco all’ingresso. Era tutto nella norma, dopo che un lettore ottico gli aveva controllato l’iride e l’impronta vocale.

“Benvenuto, dottor Droe.” aveva detto una voce femminile. La porta a cristalli si era aperta di lato, lasciandolo entrare.

Maximilian osservò in silenzio l’ambiente, quella grande stanza che una volta accoglieva l’ufficio pass e relazioni con il pubblico: c’era solo un bancone bianco, persino i computer si erano portati via. Era tutto cambiato, ora. Le macchine, nel tempo, avevano preso il posto dell’uomo. Sofisticati microchip erano migliori del cervello di un essere umano, erano più affidabili e non si ammalavano. Che tristezza, pensò. Gli mancava il contatto umano.

Scacciò quei tristi ricordi e si avviò per prendere l’ascensore. Un centinaio di led controllavano i suoi movimenti, quelli di qualsiasi essere avesse varcato quella porta.

Un altro lettore ottico era stato installato di fianco all’ascensore, che fece esattamente il suo dovere, mentre, alle sue spalle, i robot della sorveglianza controllavano il perimetro dello stabile. Erano silenziose, quelle macchine, silenziose e non commettevano mai errori.

“Portami al quarantacinque!” disse il dottore appena era entrato, “Come desidera, signore.” rispose la stessa voce dell’ingresso.

“Ha passato una felice notte?” L’uomo si era innervosito, erano anni che gli veniva fatta la stessa domanda, ogni volta che riprendeva a lavorare. Ma, d’altronde, non erano altro che programmi, facevano solo quello che gli veniva chiesto, niente più e niente meno.

Non appena entrò nel suo studio, il dottor Droe, si era lasciato tutto alle spalle, persino quanto gli desse fastidio il contatto con le macchine. “Le fredde creature dell’uomo”, così le aveva sempre definite.

“Buon giorno, dottore” disse Stan Conbar. Era seduto davanti alla sua postazione e gli era bastato udire i soliti rumori che faceva per riconoscerlo, non appena si era tolto la vecchia giacca a doppio petto e aveva poggiato l’antiquata valigetta di cui non si separava mai. Il dottore non era altro che un anziano abitudinario.

Stan si era voltato per lanciargli un sorriso, uno strano sorriso, dicendogli: “Venga a vedere con i suoi occhi!” Poi si era accorto che anche il dottore non stava più nella pelle e che aveva capito dal suo sguardo, dalla soddisfazione per alcuni risultati inaspettati.

“In queste ultime dieci ore siamo progrediti su tutti i fronti, ci daranno altri stanziamenti, ne sono convinto!”

Max si era quasi tuffato al suo fianco, osservando i cinque monitor fissati alla grande scrivania. Leggeva i dati a mente, i suoi occhi scorrevano su tutto ciò che c’era scritto nella finestra di progressione.

“I Naniz sono una realtà!” disse con tono di trionfo.

“Non ci speravo proprio.” ribatté Max spostando lo sguardo sul Primo Assistente, “E li abbiamo già creati?” chiese. Tornò a leggere gli schermi, mentre Stan gli spiegava le modalità di sfruttamento.

“Non è tutto!” disse sorridendogli: “Abbiamo ultimato gli Ologrammi, entro questa notte dovrebbero diventare attivi.” Stan si era appoggiato di peso allo schienale della sedia, incrociando le braccia sul petto, aspettando altri complimenti dal dottore. Ma questi non giunsero: Maximilian si aspettava altre sorprese, la classica ciliegina sulla torta.

“Tutto qui?” chiese Droe, il suo volto era mutato in delusione perché aveva altre aspettative sulle ultime ore.

“No! Non è tutto qui.” Stan Conbar aprì una cartella elettronica e prese una penna ottica che diresse sull’apice destro del foglio elettronico. Digitò un codice segreto che conoscevano in pochi e, sui cinque schermi al plasma, comparve una scritta lampeggiante:

Progetto Eclissi Totale

Program starting

Dal computer lampeggiarono cinque led rossi e alcuni processori lavorarono ad un codice criptato, infine comparve una data, un giorno, un mese e un anno.

“E’ fra una settimana!” gridò Maximilian Droe, alcune lacrime gli rigarono le guance, ma a lui non importava perché il sogno di una vita si stava per realizzare. Quante ore, o giorni, o mesi ci aveva lavorato? Non lo sapeva quantificare, ma presto la terra sarebbe stata purificata e l’uomo sarebbe potuto tornare a vivere in superficie.

“Grazie!” gli aveva urlato mentre si lanciava in una sorta di abbraccio, “Grazie per aver creduto in questo progetto!”

Dreamworld – Katy, Lupo and me

Il romanzo in questione già lo conoscete, ma questa volta l’ho pubblicato in lingua inglese in tutti gli store. Formati disponibili: ebook e cartaceo. Quindi, per Dreamworld, inizia una seconda avventura.

Sto proseguendo con la stesura del seguito di questo romanzo e spero che vi piacerà.

Donovan is sixteen years old, and one day he suddenly realizes he has a special power: he can foresee people’s deaths in his dreams. That’s not all. His dog, Lupo, begins to talk and soon after, both of them notice the strange invisible presence of Katy, a young lady who died a tragic death some time ago. All three of them decide to use Donovan’s powers to intervene in time and save those who are about to be killed. On one of these occasions, Donovan gets kidnapped by a mysterious Agency that recruits Dreamers. These Dreamers are able to find out in advance how and when these wicked crimes will take place. In the Agency Donovan meets Mark Collins, its Coordinator, his men and Lucy, a Dreamer with whom he becomes very friendly. The Agency’s objective is clear: to monitor the Dreamer’s dreams (who can at times dream the same event, called “crossed dreams”) and take action immediately, with the help of the police and other special forces, to prevent the tragedy.

La cisterna

Oggi voglio parlarvi di una bella lettura che ho fatto di recente.

La cisterna, scritto da Nicola Lombardi.

Edito da Dunwich Edizioni.

204 pagine.

Ebook 3,99 Euro

Cartaceo 9,40 Euro

Trama:

Nuovo Ordine Morale. Una feroce dittatura militare. Un nuovo sistema carcerario estremo in cui le Cisterne rappresentano il terribile strumento per una radicale epurazione della società. Giovanni Corte, giovane pieno di speranze, conquista l’ambito ruolo di Custode della Cisterna 9, nella quale dovrà trascorrere un anno. E comincia così per lui un cammino – inesorabile, claustrofobico, allucinante – lungo gli oscuri sentieri dell’anima umana, verso il cuore buio di tutti gli orrori che albergano fuori e dentro ciascuno di noi.

Intanto ci troviamo in Italia, con il Nuovo Ordine Morale che gestisce e governa il nostro paese. Giovanni Corte è diventato il custode della cisterna numero 9. Il suo ambito incarico lo porterà per dodici lunghi mesi a vivere e gestire questa “straordinaria” struttura, totalmente isolato dal resto del mondo. Se amate immergervi in totale simbiosi con il personaggio principale, all’interno di un caleidoscopio suggestivo di paure, timori, ossessioni, speranze, beh, questo libro farà per voi. Lo stile lo definirei riflessivo, che va a marcare le mille sfaccettature del custode della Cisterna. Giovanni è un personaggio tridimensionale, con pregi e difetti. Mi è piaciuto molto. Si tratta di un romanzo potente, in grado catturare il lettore e trascinarlo nell’oblio e nell’orrore in cui versa il nostro paese in questa storia. Inoltre, volevo sottolineare la bravura dell’autore, nell’aver reso tangibili quelle sensazioni provate da tutti personaggi del romanzo. Il finale non è scontato affatto. Consigliatissimo.

Dreamworld 2 – Terza parte

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Via di Borgo Pio – Quartiere Prati – Roma

Stefano Terlizzi percorse alcune piccole vie fino a raggiungere Borgo Pio, una delle più frequentate dai turisti. Bar, locali e negozietti di souvenir gli sfilavano ai lati. Molte persone si fermavano a fare fotografie, a parlare, o per sbirciare i menù appesi fuori dai locali.

Giunto di fronte a un’antica fontana, continuò fino all’osteria aperta da pochi mesi. L’insegna affissa al muro diceva: Trattoria dal Tenente.

Roberto Cavia era il proprietario del locale, un uomo dalla stazza enorme. Era alto un metro e novanta, calvo e occhi azzurri, ma con un viso che traspariva fiducia. A volte le apparenze ingannano. Spesso indossava una mimetica e magliette verde militare. Dopo una vita passata sotto le armi, aveva deciso di congedarsi e mettersi in proprio. A volte accettava lavori rischiosi per condividerli con alcuni suoi vecchi compagni. Aveva sempre amato fare missioni, anche perché gli consentiva di mettere da parte molti soldi. Inoltre, sentirsi scorrere l’adrenalina in corpo, era una sensazione a cui non poteva rinunciare.

Stefano entrò nel locale e vide Roberto di spalle, mentre sistemava alcuni bicchieri su degli scaffali. Tutte le sedie erano rovesciate e appoggiate sopra ai tavoli.

Oggi siamo chiusi.” disse Roberto senza voltarsi.

Buongiorno Tenente.” lo salutò Stefano. A una delle pareti, quella più interna, c’era uno specchio appeso, di forma rettangolare e lungo quanto la parete. I due si osservarono attraverso il riflesso dello specchio.

Ma che bella sorpresa, investigatore. Come mai da queste parti?” disse Roberto. Prima di girarsi sistemò gli ultimi bicchieri appena asciugati.

Si diedero la mano con una stretta vigorosa.

Passavo da queste parti e sapevo che oggi è giorno di chiusura.”

Un giorno a settimana, così faccio riposare gli altri.” Roberto prese due sedie e le mise a terra, poi fece il gesto di accomodarsi. “Se aspetti un paio di minuti, ti preparo un buon caffè, come piace a te.”

Andrebbe bene anche un po’ d’acqua.” gli rispose Stefano già seduto sulla sedia.

Perfetto, il caffè lo faccio per me, ne ho una gran voglia.” Roberto entrò in cucina. Dopo qualche minuto tornò in sala portando un vassoio con un caffè, una bottiglia d’acqua e un bicchiere. Posò tutto sul tavolo e si mise seduto di fronte a lui.

Ho bisogno del vostro aiuto.” disse Stefano schietto, sincero. Prese l’acqua e la buttò giù in tre sorsi. Forse era meglio chiedergli del Whisky, pensò.

Roberto si massaggiò il pizzetto e chiese: “Di che tipo? Finanziario, oppure…”

Oppure.” gli rispose interrompendolo.

Va bene, hai la mia attenzione. Di che si tratta?”

Stefano non sapeva come dirglielo. Non voleva rivelargli del sogno, perché gli avrebbe consigliato di cercarsi uno psichiatra, uno bravo. “A Piazza Risorgimento dobbiamo controllare delle persone. Mi servono uomini, armi e mezzi.”

Dreamworld 2 – Seconda parte

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Gloria lo guardò perplessa. Fra i due era quella che più gli dava credito, non solo perché si trattava di suo fratello, ma anche perché non lo aveva mai visto ridotto in quello stato. “Potrebbe trattarsi di un sogno premonitore.” tentò di giustificarlo.

“So che è difficile da credere” disse Stefano. Prese la tazzina di caffè e lo bevve in due sorsi, poi si pulì la bocca con un fazzoletto. “ma ho le prove di quello che succederà questa sera.”

“A quali prove ti riferisci?” chiese Emanuele, anche Gloria parve incuriosita dalle ultime parole.

“Vedete quel gruppo di tende laggiù, oltre l’edicola?”

Entrambi si girarono in quella direzione. Videro parte delle transenne e l’apice delle tende bianche montate in piazza. Da quella distanza potevano osservare anche gli uomini della sicurezza privata.

“E con questo?” chiese Emanuele sorridendo.

Stefano guardò il cielo, stizzito. “Sentite, tutta quella roba montata laggiù ieri non c’era. Nessuna transenna, neanche l’ombra di una sola tenda.”

Gloria gli afferrò una mano delicatamente, guardandolo sempre negli occhi. Gli voleva stare vicino in quel momento, magari trasmettergli affetto.

“Eppure” continuò Stefano osservando sempre quella parte della piazza, “tutte quelle tende io le ho viste nel sogno.”

“Le hanno montate questa mattina.” constatò Emanuele sempre divertito.

“Il sogno l’ho fatto qualche ora fa, quando in piazza non c’era nulla. Possibile che non ci arriviate.”

“Va bene.” disse sua sorella, “Ammettiamo che sia tutto vero, che quello che hai sognato accadrà questa sera, che cosa vuoi fare?”

“Salvare quelle persone” ci pensò qualche secondo, “e capire cosa hanno in mente quelli oltre le transenne.”

Giunse un autobus e della gente scese a terra, altre persone salirono sul mezzo pubblico. “Che cosa c’entrano quelli laggiù?” chiese Emanuele, indicando l’accampamento di tende.

“Intanto, quelli della sorveglianza non sono italiani. E nel sogno, dopo aver visto morire quei due disgraziati, sono entrato in quelle tende.”

“Davvero?” chiesero in coro Gloria ed Emanuele.

“Davvero. C’erano delle strane casse di legno. Non so che cosa ci fosse dentro, ma lo voglio scoprire.”

“Se mi date qualche minuto, chiamo il mio contatto al Comune. Possiamo controllare tutti i permessi che hanno richiesto.” disse Emanuele, tirando fuori il cellulare dalla giacca.

Stefano gli sorrise compiaciuto: “Ottima trovata!” e lo guardò alzarsi dalla sedia.

Gloria e suo fratello rimasero soli. Non si dissero nulla, il brusio della gente agli altri tavoli e il rumore del traffico li aiutò a riflettere.

“Come pensi di entrare lì dentro? Hai visto in quanti sono a controllare il perimetro?” Gloria si ammutolì di nuovo, il suo sguardo era diretto al semaforo pedonale della piazza. Immaginò due persone correre sulle strisce e un cofano di un’auto che impatta contro i loro corpi. Le vennero i brividi. “Come farai a salvare quelle due vite?”

Stefano non le rispose subito ma sorrise per quelle domande che aveva fatto, mentre con il cucchiaino toglieva la schiuma sul bordo della tazzina vuota.

“Domande interessanti” ammise Stefano, “intanto non saremo da soli questa sera.”

“Vuoi chiedere aiuto a Roberto?”

“E’ la cosa migliore da fare. Ci hanno aiutato molte volte nei casi difficili.”

“Già.” ammise la sorella.

Emanuele si sedette al suo posto e poggiò il telefono sul tavolino. “Hanno tutti i permessi in regola.”

Lo sospettavo.” borbottò Stefano, guardando Gloria negli occhi.

Ufficialmente devono fare delle riprese esterne questa notte. Hanno una vigilanza privata estera.”

Molti sono russi.” aggiunse Stefano.

E tu come lo sai?” gli chiese Gloria, sistemandosi una ciocca di capelli davanti agli occhi.

Stefano sospirò, poi disse: “Perché ho superato quelle dannate transenne, sono entrato in alcune tende e nessuno mi ha visto, nessuno mi ha fermato.”

Emanuele si avvicinò con la sedia, appoggiando i gomiti sul tavolo e, per qualche attimo, studiò l’espressione di Stefano. “Come diavolo fai a sapere che sono russi?”

Li ho sentiti parlare. Alcune parole erano russe, quindi sono russi.”

Va bene” s’intromise Gloria, “adesso come ci muoviamo?”

Voi due andate in ufficio, dobbiamo contattare quel cliente…”

Si chiama Russo, Marco Russo!” lo aiutò Emanuele, poi scoppiò a ridere. Anche Gloria non riuscì a trattenersi, finché Stefano sorrise. Era teso ma quel gioco di parole lo aveva aiutato a rilassarsi un po’.

Ci vediamo dopo.” disse a entrambi. Stefano li guardò allontanarsi, dopo si alzò per pagare il conto.