“Ciao Max”

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Il 2014 non è stato un gran brutto anno, anzi. Volevo ringraziare chiunque passi per questa finestra sul mio mondo e spero almeno di tenergli un po’ di compagnia. Intanto ho scoperto che il racconto Persi nel nulla è piaciuto, anche se ho lavorato solo alla prima parte: prometto che ci rimetterò mano.

Il nuovo anno comincerà in maniera splendida: con una nuova pubblicazione di Any man – Uomini semplici in storie fantastiche. Quando uscirà, lo scriverò pubblicizzandolo a dovere. Inoltre ho tante altre idee per la mente:

Angeli, Diavoli e Zombie sarà un’altra raccolta di racconti a cui sto lavorando in questi giorni.

Dreamworld – Io, Katy e Lupo sarà presto terminato. Un romanzo che spero possa piacere a molti futuri lettori. In pratica ho molta carne al fuoco e voglio riuscire a centellinare il tempo che ci vuole per ogni progetto. Farò un passo alla volta, promesso.

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21 dicembre 2014 – Max non c’è più e, con lui, se n’è andato un pezzo di me, per sempre!

Mi ha tenuto compagnia, mi ha amato, mi è stato sempre vicino per otto anni e mezzo. E’ difficile spiegare in parole tutto quello che ho vissuto con lui, però ci devo provare. Ci voglio provare. Scrivere pensieri in momenti brutti può far bene, almeno è una cosa che mi hanno sempre detto.

Ebbene, oggi è il 23 dicembre, il compleanno di mia madre, a cui voglio tanto bene e le auguro di essere forte, perché la vita non è solo tragedie, morte o altro. La vita regala anche momenti strepitosi, indimenticabili. Come quei momenti che ci ha regalato lui.

Dopo tre giorni da quando te ne sei andato, mi sono accorto che tutto – in questa casa – è pregno di te. Non c’è nessuno che ci saluta quando apriamo la porta e, come salutava lui, pochi lo facevano. Forse nessun altro cane su questo pianeta. Dettagli, milioni di ricordi, il perimetro di casa che non è più protetto da nessuno. Sapete, Max aveva un posto dove si nascondeva quando non si sentiva bene: nel sottoscala. Si accucciava lì per del tempo, poi guariva da solo.

Tutte le strade di Roma saranno diverse, i parchi in cui andavamo la mattina, le persone che ho conosciuto grazie a lui. Mi alzavo presto per uscire con Max per delle ore e lui dimostrava tutta la felicità abbracciandoti per strada. Già, ho scritto abbracciandoti, quasi come un essere umano.

Uno dei racconti che verranno pubblicati con Any man me lo ha ispirato Max. Il mondo di Misy l’ho scritto grazie alla sua dolcezza, alla sua sensibilità, alla sua presenza costante. Come se fosse la mia ombra, o quella di mia madre. Era un cane speciale con tutti quelli che ha conosciuto.

Quando vivevo dei periodi difficili, come un po’ tutti su questa terra, Max lo percepiva e mi stava vicino. Mi riempiva di baci e di affetto, come se dicesse: “Ehi, tranquillo. Andrà tutto bene. Ci sono io con te.”

Con la sua morte, se n’è andato anche un pezzo di me.

Ogni persona che vive con un cane o un gatto, non è detto che capisca. Ogni rapporto è soggettivo e il mio era quasi una simbiosi con Max. Ho vissuto con lui anche periodi lunghissimi (mesi). Stavamo insieme ventiquattro ore al giorno e veniva con me anche al lavoro. Adorava venire con me ovunque io andassi.

In questi anni abbiamo anche viaggiato assieme, l’estate cercavo alberghi che accettassero anche cani. Partivamo in macchina e non potete capire la sua felicità, la sua curiosità di visitare nuovi posti. L’importante era stare assieme.

Ho scritto poche righe e oggi non festeggerò nulla, però faccio gli auguri a tutti i lettori che passeranno sul mio blog.

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“Un nuovo corpo”

Angelo e Diavolo

Saryo, dopo essere uscito dalle caverne infernali, aveva vagabondato fino in Italia (sotto forma di spirito!). Aveva deciso di ficcarsi dentro un’anfora antica, un reperto archeologico, finché il caso, oppure il destino, decidesse per lui.

La nave approdò a New York e, il prezioso carico, venne calato sul molo del porto: le casse furono caricate su dei furgoni e Saryo attese, attese, attese. Pensava al suo cane, lasciato nelle caverne con ByC, Erinny, Carroll, Morfeo, Queen, mentre la SignoraNessuno pensava a una fottuta  sfida da fare con i sette Angeli.

Quando Saryo aveva preso la decisione di andarsene, ricordò i pianti dei compagni, ma anche che avevano tirato fuori delle bottiglie di champagne, dei bicchieri per l’occasione, e… no! Non erano pianti quelli, ma festeggiamenti e lacrime di gioia! Chissà che scempio dopo la sua partenza: chi si sarà accaparrato la sua caverna? Ci sarebbe stata una lotta all’ultimo sangue per quei luridi metri quadrati di roccia e polvere (per la gioia di ByC e qualcun altro!).

L’anfora venne aperta e Saryo si sentì risucchiato. Aprì gli occhi e, con stupore, capì di essere finito dentro a un corpo umano. C’erano degli uomini intorno a lui, tutti vestiti di nero, con cappelli neri, scarpe nere. Cazzo, pensò, a questa gente piace il nero!

Saryo aprì la bocca per dire qualcosa, ma la prima parola che gli uscì fu: “Minchia!”, poi disse “Dove minchia mi trovo!”. [N.d.S. Nota di Saryo: da adesso, quando leggerete i dialoghi, siete pregati di dare inflessione sicula, per chi ne è capace, così da rendere più verosimile il tutto! Grazie per la collaborazione.].

“Minchia Capo, ti trovi nel tuo covo! E noi i tuoi picciotti siamo!” il tizio sorrise, ma nell’arcata superiore gli mancavano tre denti. L’uomo si accorse del disgusto che provava Saryo e indicò lo spazio fra i denti: “Sono stati quei fetusi di sbirri! Con il calcio della pistola me lo fecero!”.

“Adesso ricordo!” disse il capo, cercando di fingere. Gli venne un sospetto: tutti gli uom…ehm i picciotti, erano più alti di lui. “Portatemi subito uno specchio!”, li guardò mentre loro lo fissavano, interdetti: “In che minchia di lingua devo dirvelo? Voglio un fottuto specchio!”.

Un picciotto dal tono calmo gli disse: “Capo, se urli ancora ti sale la pressione e che minchia ci diciamo a u dottore?”.

“E’ vero!” disse un altro, “L’ultima visita la fece ieri e ti ha proibito di urlare. Poi, gli specchi, ce li hai fatti portare via perché non sopporti la tua immagine. Madre natura non è stata magnanima col nostro capo!”.

In quale minchia di corpo sono finito, pensò Saryo. Ecco, adesso penso anche in questa strana lingua!

“Comunque sei il più ricco e rispettato di tutte le nostre famiglie. I tuoi affari vanno a gonfie vele e fra due ore ti vedrai con il commissario di zona! Minchia capo, non ti ricordi più un cazzo!?!”.

Saryo fece due passi avanti, esaminò l’ambiente. Si trovava all’interno di un garage che conteneva centinaia di casse di legno. Arrivava con il mento al piano del tavolo, ne dedusse che doveva raggiungere il metro e trenta centimetri. Piccolo e tracagnotto si sentiva, ma di una cattiveria diabolica. Un concentrato di cattiveria!

“Da oggi mi chiamerete Don Saryo!” disse sfidando gli sguardi di tutti i picciotti presenti. “E come si chiama il commissario che dovrò incontrare?”.

Un picciotto si fece avanti, si mise sull’attenti e urlò: “Si fa chiamare Prince, Signore!”. Rimase fermo come una statua di marmo, petto in fuori, pancia in dentro.

Don Saryo mise le piccole mani dietro la schiena ed esaminò il picciotto che aveva di fronte: “E che minchia gli è successo a questo qui! Perché urla in questo modo?”.

“Perdonalo, Don Saryo, ma ieri ha visto Full Metal Jacket e…”.

“Riposo, soldato!”. Il picciotto si mise sul riposo formale. “Rompete le righe!” disse il capo e il sold…ehm il picciotto uscì dal garage.

   Sono circondato da minchioni, pensò osservando gli altri uomini schierati nel garage.

Il commissario si faceva chiamare Prince! Quel nome non gli era nuovo, e se fosse stata quella la prova che dovevano fare gli Angeli e i Diavoli? Il Bene contro il Male in una città come New York.

“La sfida”

Angeli e Diavoli

All’interno delle grotte regnava la confusione totale, da girone dantesco. I Diavoli stavano scontrandosi tutti contro tutti, cercando di avere la meglio uno sull’altro. C’erano dei diverbi, come sempre, e la ragione veniva annientata dalla forza del sopruso, dalla violenza, dalla prevaricazione. I Diavoli vivevano in questo mondo da sempre, più o meno.

Un giorno, però, qualcosa cambiò. Successe quando qualcuno aveva osato ficcare il naso in affari che non gli riguardavano. Anche i Diavoli hanno una mente (perversa e cattiva, ma ce l’hanno!).

La SignoraNessuno tirò un urlo che si disperse in echi fra gli antri. Tutti si immobilizzarono come statue di sale: Saryo, con in braccio il suo cane e la pistola nell’altra mano, rimase interdetto. ByC mosse un labbro per la disapprovazione ed esclamò: “Che palle! Proprio ora che stava per scorrere il sangue a fiumi!”.

Morfeo ed Erinny si svegliarono. “Che cazzo succede?” chiesero in coro e gettarono i nani da giardino dentro la Fiamma Eterna.

Gli altri attesero.

“Non vi siete accorti che ci spiano?” chiese SignoraNessuno. Queen tirò su con il naso, accarezzando i capelli corti. Quanto avrebbe voluto scannare chiunque le avesse fatto quel lurido scherzo!

Carroll si avvicinò di soppiatto alla Signora: “Di chi cazzo parli?”, ByC sorrise in modo strano mentre, Morfeo ed Erinny, si guardavano non capendo.

“Di chi parlo? Possibile che non abbiate un minimo di fantasia? E se vi dicessi che i guardoni sono quelli del piano di sopra?”. La SignoraNessuno sorrise.

“Mhm” disse ByC, “mi è venuta voglia di carne di pollo! Soprattutto quattro paia di ali, le più tenere!” e rise sguaiatamente.

“Queen! So chi è stato.” fissò i capelli della diavolessa, “E so anche chi è stato a gettare le polpette al cane di Saryo.” continuò la Signora. Saryo posò il cane a terra, tolse il caricatore dalla pistola e ne inserì uno con sette proiettili. Un caricatore speciale!

Morfeo esordì con un colpo di tosse: “E come facciamo? Lui vede e sa tutto! Quale giustificazione hai in mente?”.

“Una prova, tanto per non farli annoiare. So che Prince ha superato il quintale e le nuvole fanno fatica a reggerlo. CosimoBernardo non fa altro che dormire sui prati. E gli altri, bhè, si stanno facendo pigri. E Lui non fa altro che dir loro di fare movimento: detesta vedere i suoi Angeli diventare rincoglioniti, peggio dei drogati.”.

Risero tutti, come pazzi.

“Allora, vogliamo spaccare il culo ai passerotti?” urlò la SignoraNessuno.

Un coro di “Si!” echeggiò nelle caverne.

Fra Angeli e Diavoli c’era un patto, un patto eterno. Lui l’aveva suggellato, a meno che non venisse rotto da un solo esponente di una delle due parti. Ogni fazione doveva vivere in perfetta armonia (un termine che i Diavoli non concepivano, ma fa lo stesso!) e non dovevano essere spiati da nessuno. Come Prince poteva far apparire uno schermo paradisiaco, così i Diavoli potevano captare un’interferenza, una spia fra loro.

Prince e SignoraNessuno furono ricevuti in udienza da Lui in “persona”, e venne deciso di indire una sfida fra i quattordici membri: sette Angeli e sette Diavoli. Nessuna ricompensa, ma l’eterno schiaffo morale in caso di vittoria, da ambo le parti. E se gli Angeli avessero perso? Un probabile esilio dal Regno Dei Cieli.

SignoraNessuno strinse la mano di Prince, ma un sinistro barlume provenne dal suo ghigno.